11.7.11

SENZA FRETTA tratto da A. Ferilli, "Mistero in Città Vecchia", Scorpione Ed., 2010








Ho bisogno di staccare. Ho bisogno di riflettere. Ho bisogno di camminare. Sono in auto. Senza una meta. Decido che mi fermerò solo quando riuscirò a decifrare un segno che mi indichi che quello sia il posto giusto. Attraverso la città. Ho spento la radio che a volte riesce solo a confondermi. Il silenzio mi aiuta a rasserenarmi. Vorrei che anche i pensieri si fermassero. E invece vanno, come se fossero animati da un moto proprio, seguendo un filo che a volte riesco a riconoscere consequenziale, altre volte no.

Ho appena oltrepassato il ponte girevole. Ho guidato avvalendomi di un automatismo grazie al quale sono incolume senza avere memoria di quel che sia successo da quando sono entrata in auto. Un rapido sguardo in direzione di piazza Castello. Scorgo la possibilità di parcheggiare appena prima della discesa Vasto. Svolto a sinistra. Parcheggio. Scendo. Chiudo. Vado.

Istintivamente m'immetto in via Duomo, ma non è questa la strada che voglio percorrere oggi. Torno indietro. Sulla destra imbocco pendio La Riccia. Quasi di corsa discendo per la scalinata che obbliga a due o tre passi prima di passare al gradino successivo. Raggiungo il mare oltre via Garibaldi. Respiro forte l'aria di mare, l'aria della mia città. Da un paio d'anni sento questo quartiere, l'isola, come la mia città, come se fosse possibile riassumere in essa l'intera città di Taranto. E' stato magico il mio incontro con l'isola. Me ne sono innamorata non appena ho incominciato a conoscerla, a percorrerla, a viverla.

Il sole è ancora alto nel cielo. Ho giusto il tempo di seguire il perimetro esterno fino a raggiungere la “ringhiera” e godermi il tramonto su Mar Grande. Cammino, misurando i passi, cercando di allontanare i pensieri. Voglio fare spazio nella mente per accogliere solo quelli giusti per me, ora. La borsa è appesantita dall'agenda. Non so cosa farò, che cosa penserò, se annoterò qualcosa o se avrò voglia solo di camminare, facendomi scivolare tutto, come se fossi sola al mondo.

Ogni tanto sento l'esigenza di inspirare profondamente e allora risento forte l'odore del mare. Guardo sfilare, sulla destra, i pescherecci ormeggiati. Sembrano prima lontani, irraggiungibili. E poi ancora lontani, oltrepassati. Non voglio arrivare fino a piazza Fontana. La piazza mi piace, la fontana non più. E' diventata orribile da quando è stata abbinata all'arte moderna. Ciò che nasce di un'epoca, a quell'epoca deve appartenere in eterno. Le commistioni di antico e moderno hanno il sapore della falsità, della mistificazione, della giustapposizione forzata che stride con quel che deve essere.

Taglio via Garibaldi attraversandola in diagonale prima che si biforchi e diventi via Cariati all'esterno, a fior di mare. Cerco e trovo un vicoletto stretto. Lo imbocco. Mi porta alla postierla Santi Medici, la più stretta dell'isola. Più angusti sono vichi, vicoli e postierle e più mi piacciono. Mi danno l'idea dei secoli passati, nonostante il puzzo che ne caratterizza alcuni. Non so perché, ma riesco a cogliere qui tutt'intorno, solo la bellezza, ignorando il degrado e talora anche la sporcizia. Amo tutto quel che vedo, come se la mia anima si riconoscesse in ogni angolo. Una memoria genetica inspiegabile.

Quando sbuco sulla ringhiera, dopo aver avuto tutto il tempo di indugiare con calma a scrutare edicole e vecchi ruderi abbandonati, case affollate e antichi palazzi, il sole è tuffato per metà nel mare, all'orizzonte, e il cielo è striato di rosso e arancio. Sto. Guardo. Respiro ancora l'odore di mare che qui ha sfumature diverse, di mare aperto, privo di pescherecci e di pesce, di cozze e di reti.

- Giulia! -

Ignoro la voce che forse chiama me, forse no. Potrei rimanere per ore a guardare, a respirare, ad indugiare, senza pormi problemi di tempo.


Consigliato da: Diario di una scrittrice di Angela Ferilli

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