27.6.11

La vita on the road del maledetto Sud

C’è un “Fattore K” in ciascuno di noi. Deve esserci. Un antidoto alla mediocrità e alla sonnolenza del perbenismo. La scelta della fuga come stile di vita, il sottrarsi delle regole per scombinarle. Se Bob Dylan fosse ispirato, potrebbe scrivere una canzone su K, alter ego, ”terzo occhio” ma anche attore in carne ed ossa di “K.O.”, esordio narrativo di Mauro Chefa per i tipi “Sput”della Lupo editore. ”K.O.” è la storia di un nato libero venuto da Novoli, pochi chilometri d’asfalto a nord di Lecce.
Negli anni Ottanta, è una periferia come tante. Non una delle migliori, anzi. La popolano boss della Sacra corona unita, aguzzini, usurai, loschi figuri dai giri poco raccomandabili, che frequentano i bar e circoli, facendo pendant con la fauna apparentemente innocua del paese. Il padre di K ne incarna il cittadino tipo:un corpo estraneo alla famiglia, cripto, un violento che parla con le mani e sfoga sulla moglie il suo fallimento. E poi c’è lui, un innamorato “con la maschera di Tiger man”, a cui basta una sigla per racchiudere le sorti di un randagio:ex giovane di belle speranze con un futuro nel calcio mercato, ex adolescente che si fa le ossa sulla strada,svicolando gli orchi, “vedove bianche”, e non teme di impastarsi le mani con la vita sporca di un “maledetto gattopardo”. Proprio perché “K è vivo” e sa annusare il vento, capisce che bisogna annientarsi per concedersi una seconda chance e fugge, fugge lontano. Rimini, Milano , Rostock, istantanee di un trittico svedese, e poi la Finlandia verso scali dell’Est europeo:”K.O.” diventa un diario di bordo, un viaggio esistenziale in cui la letteratura della città straborda nei ricordi, che sulla carta si riversano come un flusso di coscienza joyciano, scevro da asettiche indorature. Letteratura senza letteratura. La scrittura di Chefa è febbrile, elettrica, autentica; in uno stile letterario, che per alcuni picchi di cinica crudeltà (e realtà, dunque) e il poliglottismo ricorda un’Isabela Santacroce” prima maniera,” Chefa è capace di racchiudere in frasi monche come codici, molta più verità di quanto possa catturarla un romanziere navigato,affetto da realismo isterico. ”K.O.”, degno erede della colonna inaugurata da Maksim Cristan(prima edito Lupo,poi da Feltrinelli) è un piccolo miracolo non solo per aver osato raccontare una realtà ancora da storicizzare, forse destinata più ad un dimenticatoio data l’assenza di glorie;” k.O. “ è un gioiello di scrittura on the road perché non somiglia a nessun romanzo. E’ un prototipo scritto con lo slancio e (forse) l’incoscienza, che fa grande un ‘opera prima. Da “manipolatore visionario” quale è e si definisce, Chefa è riuscito ad imprigionare nelle pagine del desiderio quasi atavico, che ciascuno deve aver covato almeno una volta nella vita, ossia la brama di avere audacia, lo spirito d’indipendenza di K. Per questo motivo K è destinato a diventare una leggenda: perché, anche se in stato di semiveglia, rimane entropia pronta ad esplodere su un ring senza risparmiarsi. E perciò vale il doppio rispetto a tutti noi.Mauro Chefa,K.O.,15 euro,Lupo editore,Copertino 2010
Di Valeria Raho

Fonte :Qui Salento

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